![My dear beast](https://restleslie.wordpress.com/wp-content/uploads/2018/07/img_3916-e1532591422119.jpg?w=809)
Il corpo ch’è rimasto
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Con il viso bagnato di sale,
mi chiedi di abbracciare la bestia che è in te.
Con le braccia protese, ti avvicini, speranzosa.
Lo sguardo indugia, mentre cerchi conforto.
Le mie braccia sono lacerate in più punti.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Ho trovato riparo nei giorni di solitudine,
Ho trovato riparo in case che non mi appartengono.
Il mio corpo ha conservato cicatrici che non sapevo di avere.
I miei anticorpi hanno annientato almeno un centinaio di virus,
il più ostinato è ancora lì, seduto sulla mia gola
e porta il tuo nome.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Ogni tanto,
periodicamente,
la belva incomincia a nutrirsi.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Con la lingua indaga il terreno,
cercando la pelle più tenera,
come all’interno di un lungo abbraccio.
Una lunga zanna affusolata,
ha trovato spazio tra le mie carni.
Lacera a poco a poco: una lunga striscia di carne.
La tende fino allo strappo.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Poi il gong in lontananza scatta e la belva emerge.
Mordere, azzannare, mangiare.
Ferocemente attacca,
ignara delle mani che ancora la stanno cingendo.
Ignara del terreno su cui giace, la belva,
può solo scalpitare _ violentemente
e mordere _ incessantemente.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Il mio corpo si dimena. Lo vedo
mentre lotta per la sopravvivenza.
Si affaccia ogni tanto la volontà di riemergere.
Riemergo e spingo.
Con i miei canini cerco la pelle avversaria
e mordo anch’io.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
Mentre,
ogni tanto,
la compassione,
mi ancora,
al terreno.
Il sangue sgorga ormai da un po’.
La voracità di un organismo che lotta per l’autoaffermazione,
È ad oggi, la cosa più spaventosa che il mio corpo abbia mai vissuto.
Seppellitemi sotto le macerie di un nucleo familiare,
lì almeno, nessuna zanna potrà emergere dal terreno.
Il sangue continua a scorrere.
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La vittima ed il martire
La lunga storia della vittima e del martire va avanti da quasi tre decenni. La tenacia del martire e la resilienza della vittima sono due grandi qualità che li hanno portati a resistere a decenni di torture. Dove c’è una vittima c’è un carnefice, ma la verità è che anche quando il carnefice cessa di esistere, la vittima detiene ancora il suo status e la sua abitudine al soppruso, diventa la sua prima arma contro il mondo. Il martire, testimone del proprio credo, ostinatamente crede di cambiare il mondo con la mera parola. Ostinatamente convinto che il domani sarà predisposto alle sue parole, il martire diventa l’arma della verità. Violentemente seppellirà parole che possano crescere e offrire riparo, mentre il terreno vorrà risputarle tutte al cielo.
Le verità sono coltelli, non sono semi.
Le vittime sono sempre state anche carnefici.
Il ciclo di violenza che una vittima e un martire creano tra loro è sempre stato un fenomeno affascinante.
Incapaci di sciogliere il loro comune abbraccio, con una mano accarezzeranno le loro spalle, e con l’altra conficcheranno pugnali.
Come interrompere un ciclo così divinamente perfetto? Come porre fine ad una violenza sistematica, quando i pugni sono le uniche frasi che sappiamo comporre?
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DISCLAIMER: Io sto bene. Tutto passerà.