La migrazione dei delfini

– Avrei voluto essere di più.
Sergio cervava tra le fronde dei suoi passati le persone che era stato.
Si scorgeva a tratti il seme di una grandezza, ed ogni tanto il sogghigno di un fallimento.

– Cosa sarei stato? Se avessi preso quella strada, se avessi deciso di nuotare tra quelle onde, se avessi letto il poster appeso davanti la facoltà di legge quel giorno?
Il peso delle infinite possibilità che la vita avrebbe potuto fargli vivere lo schiacciava.
– Perchè gli dai tanta importanza? Cosa importa cosa saresti stato in un futuro ipotetico? Non sei soddisfatto di cosa sei oggi?
– Certo che no.
– Perchè no?
– Perchè avrei voluto essere di più?
– Più cosa?
– Più bravo, più forte. Più indipendente, più appassionato. Più furbo, più attivo. Avrei potuto essere magnifico.
– é questo il punto? Essere magnifici? Pensi che fondamentalmente tu abbia fallito le tue potenzialità?
– Esattamente
– Allora il problema è duplice. Da un lato mi viene da chiederti: perchè ritieni il tuo stato attuale un fallimento? perchè non sei soddisfatto? Dall’altro lato invece il problema sta forse alla base: avevi aspettative irrealizzabili per te stesso?
– “Desiderai l’abbraccio talmente tanto che fui costretto a non abbracciare più nulla”
– Che vuol dire?
– é una citazione, di una frase che mi capitò di incontrare anni fa. Ero ad un corso di teatro e la mia insegnante preparò delle frasi estratte da libri che aveva letto, una per ognuno dei suoi allievi. Questa è la frase che capitò a me.
– E leggi la risposta alle mie domande in questa frase? La frase che una persona che ti conosceva appena ti affibiò probabilmente più a caso che altro?
– No, ma è inerente. Non mi sono mai rivisto in questa frase: non sono così tanto sentimentale, come persona intendo. Ho sempre letto questa frase molto alla lettera, e non mi sono mai ritrovato, semplicemente, a desiderare un abbraccio così tanto ardentemente. Ma ho sempre desiderato che questa frase mi appartenesse. Da quando mi è stata donata, ad ogni mio passo mi sono chiesto: “E Adesso? Mi appartiene adesso?”. In qualche modo mi appartiene adesso.
– In che modo?
– Ho ricercato il sentimento descritto in quelle parole, non trovandolo. Non realizzando mai che il punto non è l’abbraccio in sè, ma il desiderarlo.
– Dove vuoi arrivare?
– Io non desidero più. I miei desideri, i miei obiettivi, le mie pseudo-passioni: Non mi appartengono più, mi spaventano.
– Ti spaventano perchè temi che si realizzi la profezia?
– No, mi spaventano perchè non credo di esserne all’altezza.
– Allora è questo! Hai e hai avuto aspettative troppo grandi per te stesso.
– E’ troppo grande aspettarsi di essere più di ciò che ci si ritrova ad essere? Non dovremmo sempre spingerci a migliorarci? A crescere? A diventare importanti?
– Importanti per chi?
– Per tutti. Per me stesso, per gli altri.
– Che discorso inutlile che fai Sergio.
– Perchè inutile?
– Che importa “diventare importanti”?
– Andiamoci così: cosa è importante per te?
– Ma non lo so Sergio, sul momento ti direi.. non lo so! Un tetto sulla testa? La connessione wi-fi?
– Mannò! Che tetto sulla testa! Che connessione! Importante è qualcosa di più.
– Ancora con questo “di più”, più di cosa?
– Più di me e di te.
Sergio non aveva idea di dove voleva andare a parare. Era qualcosa di ineffabile per lui. Si struggeva nel frattempo, della sua incapacità di comunicare quello che veramente pensava. Le parole non lo aiutavano certo, le parole non aiutano mai. Ma che cosa intendeva effettivamente? Che cosa lo lasciava così eternamente insoddisfatto di sè?

Lasciò cadere la conversazione con il fratello, Fabrizio sembrava indispettito e lui in ogni caso non riusciva a capire come esprimersi. Prese il suo smartphone di ultima generazione, quello che aveva comprato per fare foto e video della sua vita, foto e video che non aveva fatto perchè improvvisamente si era reso conto che la sua vita era fondamentalmente vuota. Un enorme buco nero, un buco nero di commissioni e persone a cui parlare, un buco nero di frasi fatte ripetute al giardiniere e di convenzioni, di file alle poste e acqua salata in pentola. Un buco nero di studio poco appassionato e lavori conclusi a metà.

Sergio aprì un’applicazione, una delle solite in cui appuntava le cose da fare nei prossimi giorni e lesse la frase, appuntata li, chissà da quanto tempo.
Aveva desiderato mai così tanto?

Una cosa sapeva con certezza, che mai come in quel momento, aveva desiderato desiderare. Mai come in quel preciso istante aveva voluto da se stesso uno slancio maggiore verso la vita, verso l’azione, una mossa d’istinto verso la sopravvivenza.. no! Non la sopravvivenza, la vita! La super-vivenza! Un’esistenza altra, diversa, più enorme, più sfolgorante, più ridondante, rumorosa, esasperante, elettrizzante! Si guardò intorno allora, in quel bilocale arredato in cui viveva da ormai due anni con il fratello, dove niente sapeva di vita, in cui i piatti da lavare affondavano nel lavello otturato, in cui il divano sfilacciato mostrava i segni del peso del suo corpo, da ore buttato su di esso.

– Non sto facendo niente della mia vita.

Di questo si rese conto allora Sergio. Che la sua vita, che ogni giorno freneticava di impegni e di scadenze, di discorsi e di lotte quotidiane, era totalmente vuota.

Immagino che adesso ci spetti un riscatto per questo personaggio, che questa consapevolezza lo conduca ad un cambio repentino. Ma non sarebbe estremamente artificiale?
La verità è che da questa situazione Sergio, come Fabrizio, come i loro dirimpettai, non usciranno mai.
E non perchè non siano in grado. Potrebbero farlo, adesso, subito, di corsa! Slanciandosi verso qualcosa che li faccia sentire meno vuoti, meno futili, meno irrilevanti. Ma sarebbe solo un’illusione. E questo Sergio lo sa. Attualmente Sergio è consapevole di due cose: che la vita così non gli va giù, che non gli piace. Ma anche che non c’è scampo. Chè così è, e così sarà, e che ogni nostro tentativo di sentirci “di più” non è che futile autocommiserazione, autocelebrazione di piccoli traguardi irrisori e fittizi, costruzioni grottesche e superficiali di una grandiosità inesistente.

Allora Sergio parlerà di nuovo al fratello, e lo inviterà al mare, con degli amici, a guardare i delfini migrare prima dell’arrivo dell’inverno. Perchè è più dolce sentirsi inutile stando bene, in compagnia, sentendosi esistenzialmente partecipi di qualcosa che forse si, almeno quella, ha più valore.

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